Diritto all’Oblio, gli step e qualche dato.
Come noto agli addetti ai lavori e a molti altri esiste un form di Google per richiedere la rimozione dell’indicizzazione in merito ai risultati che violano la privacy di una persona.
La richiesta dev’essere effettuata dal soggetto interessato dalla violazione, ma si può anche svolgere anche “per conto terzi” (con il supporto del soggetto interessato).
Va ricordato che questa operazione non rimuove le pagine web dove sono presenti i contenuti incriminati, ma rimuove esclusivamente la loro indicizzazione da Google in relazione alle ricerche effettuate con la QUERY corrispondente al nome e cognome della persona interessata.
Quindi le stesse pagine rimangono online e presenti sulla SERP di Google effettuando ricerche con altre parole chiave.
Per la rimozione dei contenuti bisogna rivolgersi agli intestatari dei siti dove sono presenti, se rifiutano o non rispondono, si va per le vie legali (vedi step successivi).
Dopo il lungo preambolo, veniamo ai dati.
Google ha ricevuto in Italia, dal 2014, circa 36 000 richieste di rimozione . Cosa interessante per chi fa il nostro mestiere, solo il 30% sono state accolte, le rimanenti sono state rifiutate per diritto di cronaca, cosa molto probabile nel caso di personaggi pubblici o di soggetti comunque citati in articoli di giornale.
Fallito questo step, il successivo è rivolgersi al Garante della Privacy con una procedura specifica che un costo modesto, circa 150 €. Attenzione però, le decisioni sono molto spesso simili a quelle prese da Google.
L’ultima ratio è rivolgersi alla Giustizia Civile.