Le Fabbriche della Mediocrità

Uno dei mali della nostra epoca è la mediocrità.
Dopo la fine delle ideologie, che pur tanti conflitti hanno provocato, l’eterno flusso e riflusso della storia ha fatto sì che stiano scomparendo anche le idee stesse.

Scompaiono le idee ma rimangono le strutture delle organizzazioni che erano state costituite per la diffusione di quelle idee, o meno ingenuamente che avevano come scopo anche la diffusione di quelle idee e di quei valori.

Per trovare esempi pratici di questo fenomeno basti guardare ai partiti politici, alla Chiesa Cattolica, alla maggior parte dei grandi movimenti degli scorsi decenni.
Anche in campo aziendale, è necessario avere un chiaro indirizzo sociale e valoriale, oltre che obiettivi di business. O meglio, il primo aspetto è forza propulsiva per il raggiungimento del secondo. Ciò è quello che gli anglossassoni chiamano mission, che può essere implicita o esplicita, di un’azienda.

Una chiara identità è il punto di partenza per il successo di qualsiasi progetto e organizzazione. Nel momento in cui l’identità è incerta, o viene a mancare, l’organizzazione comincia a mutare: non essendoci più uno scopo collettivo, l’organizzazione diventa una somma di individualità inserite all’interno di una struttura di potere fine a sé stessa.

Detto in altri termini, senza uno scopo alto comune, non rimangono che una somma di scopi bassiindividuali che si appoggiano alla struttura dell’organizzazione per realizzarsi.
L’unico obiettivo della struttura diventa il potere, inteso come vantaggio personale a scapito degli altri.

Da un contesto di questo tipo saranno necessariamente espulse le persone di valore: se indentifichiamo i valori e le idee come il valore aggiunto di un’organizzazione, è logico che nel momento in cui esse andranno a mancare, gli individui portatori di tali contenuti saranno indotti, spesso per loro stessa decisione, ad abbandonare l’organizzazione.
Ciò non è altro che un modello di selezione naturale dove il valore viene espulso, e di conseguenza, la mediocrità viene premiata, creata e trasferita all’interno e all’esterno dell’organizzazione (visto il potere intrinseco di influenza della società delle organizzazioni).

Se vogliamo visualizzare in un caso concreto questo fenomeno, pensiamo ai già citati partiti politici. Una volta persi i grandi ideali e valori, non hanno che promosso interessi personali, o di sotto-gruppi, che si sono appropriati della struttura dei partiti stessi per mere ragioni di potere.
Di conseguenza, le personalità di valore che facevano parte dei partiti, si sono allontanate da essi. Ciò non ha fatto altro che alimentare il meccanismo di creazione della mediocrità.

Il fatto è che nel medio-lungo periodo, un‘organizzazione che diventa mediocre e che ha come scopo autoalimentante il solo potere (avendo abdicato al suo essere), non può che collassare dividendosi in sotto-organizzazioni in lotta per il potere stesso, essendo venuto a mancare il collante dei contenuti valoriali e ideologici condivisi.

Seppur di un livello intellettuale minore rispetto ai loro predecessori, i nuovi leader mediocri delle organizzazioni sono spesso consapevoli di questo fenomeno, ed è così che cercano di rimediare con azioni tattiche di comunicazione, proclamando in diversi modi i valori presunti dell’organizzazione che però, non trovano riscontri nei fatti (la cosiddetta annuncite o strumenti motivazionali di bassa lega).
Il problema per questi signori e per le organizzazioni stesse, è che quello che conta non è ciò che si proclama di fare ma ciò che si fa effettivamente: gli annunci e i decaloghi non bastano a salvare le organizzazioni dalla loro mediocrità e dalla loro fine, ma paradossalmente accelerano il processo di implosione.
Mettendo il risalto la discrasia della comunicazione rispetto alla realtà, non si fa che sottolineare la realtà stessa.

Nelle prossime puntate cercheremo di ipotizzare alcune soluzioni su come aggiustare le Fabbriche della Mediocrità che in queste insufficienti righe abbiamo modestamente cercato di descrivere.

Articolo Originale pubblicato su Farecultura Magazine il 14.09.2016

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